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Insegnare in Nepal

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Una parentesi importante della mia vita.

Non so se alcuni di voi abbiano mai avuto la possibilità di fare volontariato, o se abbiano mai pensato di dedicare una parentesi della propria vita agli altri. Mi rendo conto che il lavoro, la famiglia e i vari impegni spesso non ci consentono di fare ciò che vorremmo…ma il mio consiglio è: “…provate”.
La mia esperienza come insegnante in Nepal è stata  intensa e indimenticabile e mi ha decisamente aperto la mente a quello che spesso definiamo “diverso”. Mi ritengo una tra i fortunati che è riuscita a staccare la spina per un po’, prendere un volo e trascorrere circa 3 mesi in un Paese del terzo mondo, dando qualcosa di sè a chi ne ha più bisogno.

 Io ho prestato servizio in una scuola di un paesino vicino a Kathmandu, che ospita studenti di età compresa tra 3 e i 17 anni. Insegnare all’interno di una struttura, in cui i fondi e il materiale sono limitati, o inesistenti, è completamente diverso, e non nego, più complesso, se paragonato ai nostri standards.
Innanzitutto occorre un po’ di tempo per familiarizzare con i costumi, le tradizioni e il sistema educativo del Paese in questione. Questo processo richiede non solo tempo, ma anche apertura mentale.
Una volta entrati nell’idea, è necessario capire qual è il proprio ruolo, o quale potrebbe essere. Spesso l’associazione di volontariato non fornisce sufficienti informazioni, su come o quanto potresti essere utile, ed è quindi importante il dialogo. Non bisogna avere paura di fare troppe domande, ed è fondamentale avere un approccio diretto con chi lavora all’interno della struttura, ovvero gli insegnanti. Questa fase permette di conoscere il livello delle classi, avere accesso ai libri di testo, e avere un’idea globale del programma seguito. E’ fondamentale mostrare umiltà e interesse, in modo tale da poter collaborare, senza prevaricare.

Di solito i volontari svolgono un ruolo da assistente e vengono abbinati ad un insegnante della scuola, lavorando  principalmente sulla pronuncia e sul lessico; a volte, nel caso abbiano già esperienza nel campo dell’insegnamento, hanno la possibilità di gestire una o più classi, lavorando così su ogni aspetto linguistico, dalla grammatica alla fonetica. Ovviamente ogni associazione ha i propri principi e regole, e il ruolo dei volontari viene gestito diversamente a seconda di essi.
Ciò che resta invariato è il ruolo degli studenti. E’ fondamentale restare concentrati sui bisogni, le esigenze e le caratteristiche di chi fruisce del nostro intervento linguistico. Occorre valutare i mezzi a disposizione e cercare di sfruttarli al meglio. Nel caso in cui il materiale sia inesistente o giudicato poco adatto,  è consigliabile utilizzare giochi e canzoni, creando così un ambiente rilassato, all’interno del quale gli studenti partecipano attivamente, imparano e si divertono. E’ inoltre utile, se permesso, condurre la propria classe al di fuori dei muri della scuola, nelle strade e nei parchi, lavorando così sul lessico della sfera quotidiana. Ogni oggetto, ogni persona, casa, animale e persino la spazzatura, diventa strumento di apprendimento.

Per la maggior parte degli studenti nepalesi, andare a scuola è una sorta di svago, un “non pensare”, una distrazione dai vari problemi quotidiani. Alcuni di loro non avranno la possibilità di conseguire il diploma e altri saranno comunque costretti dalla famiglia a terminare gli studi e andare a lavorare per dare un supporto finanziario. Solo i più fortunati potranno andare all’università e cercare di cambiare vita. La miseria e la disperazione sono ovunque e vivere alla giornata è spesso l’unica cosa consentita.
I volontari possono veramente apportare migliorie. La loro presenza nelle scuole, il loro aiuto quotidiano, la loro competenza, rendono la routine più interessante sia per gli alunni, sia per gli insegnanti del luogo.
Il rapporto che si crea tra i volontari e gli studenti è qualcosa di indescrivibile. Basato in principio su disciplina e apprendimento, via via si trasforma in dialogo, gesti e abbracci… Passano i giorni, le settimane, e gli studenti iniziano ad esultare quando ti vedono e gridano il tuo nome dalla finestra quando passi nelle vicinanze. A quel punto inizi a credere, a convincerti che forse stai facendo del bene e che la tua presenza sta diventando parte della loro routine. L’aspetto più triste ovviamente è quando comunichi loro che stai per partire, per rientrare nel tuo Paese; d’altro canto, c’è da dire che molti di loro si sono abituati a questo “via vai” (di volontari) che li ha resi nel tempo più forti.
Purtroppo questo non vale per i più deboli, i più sensibili, e al loro “…non dimenticarci…” è spesso difficile trattenere le lacrime.

 Questa parentesi della mia vita, oltre che straordinaria dal punto di vista umano, è stata formativa a livello sociale ed educativo, e utile per la mia professione da insegnante.
Con orgoglio posso dire che sono riuscita a dare un piccolo contribuito a un sistema scolastico diverso e complesso, ma molto stimolante.
Il mio appello è rivolto a tutti coloro che hanno esperienza nel campo, a chi ha intenzione di intraprendere questa carriera, e anche a chi semplicemente ha passione e voglia di dare. “Provate..”.
Una singola goccia è insignificante se da sola, ma non dimentichiamoci che tante gocce messe insieme formano il mare. Così come il contributo di tanti può fare la differenza.